Accogliere un cane in casa è un po’ come decidere di avere un bambino: si tratta di un’assunzione di responsabilità consapevole e volontaria verso un altro soggetto che può vivere anche 15 o 20 anni. I cani, come i bambini, sono per sempre, in tutti i sensi! Come loro, hanno un costante bisogno di crescere, conoscere, comprendere, sbagliare, sfidare e sentirsi appagati in quanto parte di qualcosa. Come i giovani umani, i cani attraversano cinque stadi evolutivi, dal neonato all’anziano, passando per l’infanzia, l’adolescenza e la maturità, sperimentando in ognuno di essi diverse qualità, stati emotivi e relativi problemi di crescita. Come il bambino, va soddisfatto, educato, curato e gestito costantemente: un grande impegno da svolgere sotto ogni profilo, educativo, emotivo ed economico.
I cani sono predatori da branco, permane quindi, in loro, un congenito bisogno di una persona che li guidi a conoscere un mondo che vedono innaturale e spaventoso; un genitore amorevole e comprensivo ma anche fortemente propulsivo verso la crescita di ogni singolo soggetto a lui affidato; una figura calma e coerente, sempre sicura e determinata nel saperspiegare, correggere e pretendere. Una figura alla quale il cane si legherà per tutta la vita.
Un cane non desidera affatto correre da solo in un prato o vivere in un giardino meraviglioso, desidera solo stare con il proprio branco ovunque esso sia, appartenere a qualcosa, essere importante per qualcosa o qualcuno. Ne sono tipici esempi i cani di molti clochards, che vivono in strada in condizioni di estrema povertà ma sempre in perfetta armonia e appagamento reciproco, stando insieme senza bisogno di alcun guinzaglio.
La natura umana, in quanto derivazione della scimmia antropomorfa, è fortemente plagiata da schemi logici e di comunicazione tipici della nostra natura da preda: pelle elastica e sensibile, chiassosi e con scarsa predisposizione alla lotta e al contatto fisico in generale.
Il nostro simpatico amico peloso, invece, è un predatore naturale, quindi prevalentemente silenzioso e in costante evoluzione emotiva, con una socialità interna al branco altamente gerarchizzata. A prescindere da forma o dimensione, in ogni cane vive, in sostanza, un piccolo lupo che, grazie alla selezione umana, resterà sempre po’ infantile e per questo disponibile ad accettare le regole del branco umano di riferimento. Anche se piccoli o dall’aspetto buffo, tutti i cani conservano comunque in loro le qualità naturali e le potenzialità del loro progenitore selvatico, basti pensare che un dolcissimo bassotto ha comunque la potenzialità di tagliare di netto un dito umano con un solo morso.
Il cane apprende attraverso specifiche spiegazioni, successive correzioni ed eventuali rimproveri, seguendo un particolare linguaggio mimico ed emotivo e forme di gioco, che ogni proprietario ha il dovere di padroneggiare. Come riscoprire un antico linguaggio che l’uomo ha ormai dimenticato, fatto di emozioni espresse con toni e gesti istintivi. I cani sono dotati di una logica e di un linguaggio emotivo diretto e schietto, privo di sovrastrutture, talmente semplice da diventare complicato per la complessa mente umana.
Il cane è un animale naturale e quindi geneticamente portato a vivere in un ambiente fatto di alberi, erba e terra, con suoni e rumori soffici e distinti,siamo noi a portarlo in un ambiente urbano innaturale fatto di benzene e catrame, pieno di oggetti inanimati, chiassosi e spaventosi. Affidandosi poco agli occhi e avendo un olfatto e un udito decine di volte più sviluppati rispetto a quelli umani, è normale che, nel nostro ambiente, ricevano una sovra-esposizione sensoriale traumatizzante.
Per un cane adulto, il passaggio di un camion nelle sue vicinanze provoca un impatto sonoro, olfattivo e sensoriale simile a quello che riceveremmo noi vedendo sfrecciare un Boeing 747 a tutta velocità, da pochi metri di distanza, figuriamoci quale trauma provocherebbe un’esperienza simile ad un cucciolo di meno di un anno. È l’uomo che, come un padre deciso ma buono, deve saper presentare il mondo rispettando i modi e i tempi appropriati.
Nelle famiglie moderne, questi animali vivono spesso un forte contrasto proprio perché cresciuti seguendo logiche educative tipiche solo della razza umana, ovvero seguendo gli stessi schemi e toni usati per i figli, presumendo che i cani conoscano usi e significato letterale delle parole, spesso umiliandoci facendo vocine sciocche, altre volte umiliando loro nel fargli fare cose divertenti soltanto per noi. Un errore di umanizzazione che rende i cani molto nervosi, poco soddisfatti e quindi disequilibrati.
È utile anche prendere coscienza che l’inserimento di un cane in una famiglia umana stimola, nella maggior parte degli adulti, la sfera dei “nonni con il nipotino”, ovvero persone che, seguendo la logica di dover garantire “il meglio” al proprio cane, concretizzano nei fatti comportamenti non corretti per un predatore, trattandoli come dei peluche o dei disabili mentali.
Per soddisfare etologicamente un cane è necessario, invece, fondere le nostre due razze in un unico branco omogeneo composto da più individui, dove l’umano deve rivestire il ruolo genitoriale necessario a far crescere il piccolo, dandogli la giusta libertà nell’ambito di confini di rispetto ben definiti, seguendo la logica del genitore che cresce il piccolo per rinforzarlo nel suo equilibrio, affinché un giorno sia in grado di cavarsela da solo; affidandogli il giusto ruolo di figlio e studente a vita; pretendendo da lui sempre qualcosa in più, un comportamento sempre più maturo ed equilibrato.
In sostanza, il cane deve essere cresciuto con l’amore dovuto ad un bambino ma seguendo schemi logici e comunicativi coerenti con la sua diversa etologia. Il cane non può evolvere ai livelli dell’uomo, è quindi il proprietario che deve entrare nel mondo del cane e quando ciò non avviene, quest’ultimo va in sofferenza e il suo livello di sopportazione nei nostri confronti raggiunge una soglia critica. In questi casi, quando le disobbedienze, le cacche e le pipì non sono proprio sufficienti a farci capire i loro disagi, passano ad abbaiare e a danneggiare cose, persone e perfino se stessi.
L’allontanamento dal proprio branco naturale, a qualsiasi età avvenga, è comunque uno dei traumi principali che quotidianamente infliggiamo ai cuccioli e ai loro genitori. Questo avviene già nel momento stesso in cui vendiamo o affidiamo una cucciolata, l’impatto emotivo, nel genitore, è paragonabile a quello di un umano che perdesse il proprio figlio. Dal cucciolo, invece, viene assimilato emotivamente come un rapimento da parte di strani e indecifrabili alieni, eradicato dalle proprie certezze e trapiantato in un contesto assurdo e incomprensibile. Il cane, cucciolo o adulto che sia, sopravviverà comunque al trauma, trovando il modo di convivere con la famiglia adottante e sviluppando, nel nuovo contesto, una rinnovata fiducia che, a quel punto, non dovrà mai più essere tradita.
È quindi logico pensare che non esista sofferenza più forte dell’allontanamento per un cane. Purtroppo, però, quando le cose non vanno come previsto e il rapporto con un cane diventa conflittuale, si pensa sempre a trovargli un’altra sistemazione, come se fosse una realtà concreta, un’opzione che dipende da noi, facile come regalare o vendere sotto prezzo un bene prezioso.
La realtà dei fatti, invece, è ben diversa: i canili sono ormai saturi e non prendono più cani se non in virtù di situazioni di sequestro o di comprovata pericolosità; la pratica dell’eutanasia o dell’abbandono, per fortuna, non sono più giuridicamente percorribili; anche regalarlo a qualcuno non è semplice né prudente, considerato che il mercato è già saturo di cucciolate di razza offerte a titolo gratuito. Le uniche alternative ragionevolmente percorribili sono garantire al cane un vitalizio presso una pensione privata a pagamento o lavorare per recuperare il rapporto con il cane.
Anche la realtà giuridica ci responsabilizza nei confronti del cane: quando acquistiamo o adottiamo un cane, infatti, ci assumiamo un preciso onere dal quale è molto complicato recedere. Per la legge, l’impegno di crescere un cane non è certamente un gioco, ma una responsabilità ben precisa alla quale dedicarsi con grande impegno. “Con la medesima diligenza dovuta ad un minore” questo recita la giurisprudenza. Impegnarsi sul rapporto resta quindi, sempre la via più concreta e realizzabile, oltre che la più saggia.
Qualsiasi cane può essere recuperato, a prescindere dall’età, dal sesso, dalla razza o dalle esperienze subite. Per ottenere questo risultato, però, è indispensabile la presenza di una figura umana di riferimento, decisa e combattiva nel guidarlo attraverso la crescita, la conoscenza e il controllo delle emozioni.
Un cane che fa il seduto sta solo facendo un esercizio di abilità, terminato il quale potrebbe mordere se non è equilibrato. Al contrario un cane equilibrato potrebbe non saper fare il seduto, ma certamente possiede un completo controllo delle proprie emozioni e quindi delle sue successive azioni.
Il cane ci obbedisce 9 volte su 10? Allora abbiamo solo un parziale controllo del cane, buono ma non completo. Il proprietario ha il perfetto controllo del cane quando riesce a gestire perfettamente tutte le azioni dell’animale, senza margine di errore, in qualsiasi contesto o condizione di stress e senza l’ausilio del guinzaglio o di altri stimoli se non se stessi. Considerando che il cane è giuridicamente assimilabile ad una pistola affidata alla nostra responsabilità, è fortemente consigliato lavorare, nel tempo, per raggiungere il perfetto controllo del cane che accogliamo in casa.
I cani, come i figli, non possono avere il carico di responsabilità emotiva di compensare le insicurezze o il desiderio di affetto del proprietario. Il cane non è neanche un gioco per il bambino, né tanto meno è un suo fratellino. È una creatura impaurita in un mondo assurdo, fatto di cose innaturali, costretto a fidarsi dovendo convivere con strane creature, buffe, un po’ isteriche e incomprensibili. Non può sopportare la responsabilità di dover compensare anche i disagi emotivi o fisici di queste persone, tanto meno dei loro bambini.
Il cane è semplicemente un nuovo membro del branco, che non deve sopperire alle mancanze della famiglia, perché non ha mai scelto di fare questo. Nel momento in cui adottiamo un cane, siamo noi a prenderci degli impegni nei suoi confronti, siamo noi che dobbiamo lavorare per soddisfarlo, guidarlo e crescerlo equilibrato. Pertanto possono risultare non costrittive per il cane solo quelle forme di Pettherapy fondate sul rispetto reciproco, dove sono l’uomo o il bambino a doversi adeguare al mondo del cane, imparando a rispettarne le esigenze e il linguaggio.
Il cane risponde solo a logiche naturali, costringendosi a sopportare un fastidio solo qualora sia una propria scelta volontaria. Nel caso in cui fosse obbligato a subire un disagio per una scelta arbitraria dell’uomo, sarebbe naturale per lui reagire difendendosi o correggendo lui stesso l’azione irrispettosa. Non possiamo spiegare al cane che deve mantenere un determinato comportamento o subire un’attenzione da parte di un bambino solo perché questi è malato.
Il cane non ha mai scelto di essere una medicina per l’uomo, lo deve accettare spontaneamente e non vi può essere costretto. È come la vera simpatia verso una persona, non può nascere in maniera voluta ma solo spontanea. Se il sapiens si porrà correttamente, il cane sarà più propenso ad accettarlo. Se il sapiens si porrà in maniera sbagliata, il cane avrà solo tre risposte obbligate: tollerare fino a scoppiare, fuggire o respingerlo.
Nella natura del cane, la malattia o il disagio di un sapiens non costituiscono motivazioni valide a costringersi a tollerare un comportamento irrispettoso o reprimere le proprie esigenze etologiche, come ad esempio il gioco. L’accettazione da parte del cane non è quindi mai scontata, può solo avvenire spontaneamente nel tempo e con il giusto rapporto. Va considerato come un investimento che dobbiamo essere bravi a dirigere e che comunque non ci offre aprioristicamente un successo matematico. È come adottare un bambino perché aiuti il fratellino. Con un pizzico di fortuna, la predisposizione del cane e tanto lavoro è possibile che l’aggregazione avvenga, altrimenti avremo a che fare con due problemi di pari gravità invece di uno.
Capito questo concetto è chiaro come l’adozione non debba partire dall’esigenza di “ricevere” dal cane, ma dalla volontà d’impegnarsi seriamente a “dare” al cane. Dare tutto in maniera equilibrata, considerazione e rispetto per primi. In sostanza, se la nostra idea è quella di prendere un cane perché in fondo è un animale simpatico e il medico mi ha detto che può essere utile a mio figlio, potremmo avere delle brutte soprese e complicarci notevolmente la vita.
Se, al contrario, abbiamo deciso di prendere un cane a prescindere da tutto, perché abbiamo maturato una profonda consapevolezza di volergli dedicare anima e corpo, lottando contro tutte le avversità senza mai mollare e accettando che solo in via eventuale potrebbe anche aiutare un nostro caro affetto da disagio, allora la spinta motivazionale garantirà una percentuale di successo adeguatamente sicura.
Adottare un cane è un po’ come sposarsi: si deve instaurare un rapporto che dovrà perdurare negli anni, resistendo alle difficoltà della vita e di una convivenza esclusiva e forzata. La scelta del cane più giusto per ognuno di noi è quindi quella fondata sull’affinità mentale e non sulla bellezza estetica. Non valutare preventivamente le qualità della razza e le proprie capacità, porterà sempre ad una elevata conflittualità nella convivenza. Anche le notizie trovate su riviste specializzate o in internet non sono prettamente attendibili perché, spesso, scritte dagli stessi allevatori che hanno, quindi, un naturale interesse ad esaltare i pregi della propria razza tralasciandone i difetti.
L’età dell’adottante è cruciale nella scelta del cane. È fondamentale capire che i cuccioli e i cani giovani hanno bisogno di grandi energie, molta costanza e molta pazienza. Devono poter sbagliare per capire, giocare per apprendere e imparare a gestire emozioni.
Alcune razze, soprattutto quelle di piccole dimensioni, possono vivere fino a 18 – 20 anni e restare giovani e attive fino a 9 – 15 anni, non è un periodo breve e non è un compito adatto ad una persona anziana. La persona sopra i 65 anni che decidesse di adottare un cane, dovrebbe quindi orientarsi verso un soggetto già maturo e stabilizzato, a seconda della razza e della longevità conseguente.
Regalare un cucciolo ad una persona di 70 anni corrisponderebbe, purtroppo, ad autorizzare un maltrattamento etologico quasi inevitabile. Quella persona, infatti, per quanto possa impegnarsi, non potrà mai avere l’energia e la pazienza per controllare e soddisfare pienamente un cucciolo che è una peste costantemente attiva per tutte le 24 ore. Per quanto triste, è necessario accettare che ci siano dei limiti logici e fisici ai propri desideri.
Il cane, infatti, per poter essere controllato, deve prima essere soddisfatto nelle sue necessità etologiche di base e soddisfare un cucciolo non è un impesa semplice. L’età dell’adottante, inoltre, gioca a sfavore anche per quanto attiene la longevità del rapporto perché, purtroppo, è altissima la probabilità che l’anziana proprietaria muoia prima del suo cane, lasciandolo in pasto a degli eredi che spesso non lo desiderano affatto.
Molti retaggi sono ancora legati al mito della razza, vittoriosa sul più scontato meticcio. La realtà genetica indica, invece, il contrario. Le tanto blasonate razze tendono infatti ad essere geneticamente più statiche e quindi a indebolirsi rispetto ai loro cugini meticci. In quest’ultimi, la diversificazione genetica arricchisce in termini di resistenza e qualità espresse. Nella scelta del cane meticcio è invece importante farsi un’idea del tipo d’incrocio che può essere avvenuto, tentando d’intuire le qualità che i cuccioli potrebbero aver ereditato dai genitori.
Il blasone è scaduto anche sotto il profilo della garanzia di qualità, tenuto conto del gran numero di animali con pedigree inattendibili che annualmente vengono riversati sul mercato, tramite negozi e allevatori senza scrupoli. Animali provenienti da tutto il mondo, un traffico illegale che si concretizza in decine di cucciolate nate in capannoni affollati e insalubri, sottratti alla nascita dalla madre, imbottiti di antibiotici e distribuiti con trasporti disumani. Animali venduti spesso già malati, che finiranno morti, abbandonati o turbati a vita, in molti casi soppressi o rinchiusi per sempre in canile.
Stessi retaggi errati vedono contrapposti il cucciolo e il cane adulto. La realtà dei fatti è che un cane cucciolo, per crescere equilibrato, deve restare con la mamma e i fratellini almeno fino al quarto-quinto mese di vita, periodo in cui la guida sicura della mamma e le esperienze fatte con i fratellini, plasmeranno il carattere stabile del futuro cane. L’attraversamento corretto di questo periodo e dei successivi 5 mesi determinerà l’equilibrio del cane. Gli adottanti dovranno, pertanto, essere assolutamente esperti per non commettere errori.
I cani adulti hanno già attraversato questo stadio e hanno già ricevuto i freni inibitori e il rispetto delle gerarchie, ne sono un esempio i cani del canile che, avendo già patito, si rivelano spesso molto più disponibili e attaccati all’adottante. Non a caso i cani più pericolosi e squilibrati sono quasi sempre quelli cresciuti in famiglia e nelle aree cani. Gli animali transitati attraverso il canile hanno invece già subìto il loro bagno di umiltà e sono spesso già stabilizzati. Tendono ad essere più veloci nell’apprendimento, avendo sviluppato l’astuzia. Avendo già patito la solitudine, tendono anche ad aggregarsi e a rispettare la famiglia molto più velocemente e saldamente del cucciolo acquistato.
Una scelta da ponderare facendo sempre delle dovute considerazioni è anche quella riferibile al sesso del cane da accogliere in casa. È vero che il corretto inserimento del cane in famiglia dipende esclusivamente dalle capacità e dalla guida del proprietario, tuttavia alcune caratteristiche comportamentali, peculiari dei due sessi, possono concorrere ad agevolare o complicare l’aggregazione.
In linea generale, il maschio si sente più portato a costituire un baluardo contro il mondo esterno, mostrando sempre un atteggiamento più arrogante, litigioso e pompato. Al contrario, la femmina si presenta più attenta alle dinamiche interne al branco, è tendenzialmente più sicura del maschio nel non dover dimostrare nulla e per questo è un po’ più dolce e malleabile. Attenzione però, è molto più scaltra e acuta e la sua determinazione è molto più forte di quella del maschio.
Per semplificare ma rendere l’idea, è come dover convivere con un figlio o con una figlia in età adolescenziale per tutta la vita: la femmina sarà dolce ma tenderà sempre ad essere una viperetta manipolatrice e un’acuta osservatrice, il maschietto, invece, sarà sempre un tontolone cresciuto e palestrato, un po’ arrogante e strafottente.
Anche se, in linea generale, l’accoppiamento migliore è quello che tende a unire i sessi opposti, sia fra cane e cane che fra cane e padrone, tale orientamento non è però una regola empirica. È vero che i sessi opposti si attraggono e per questo sono più disponibili a sopportare la convivenza, ma si tratta comunque di una sopportazione reciproca, che può saltare sotto i colpi della quotidianità, dei picchi caratteriali e del diverso equilibrio espresso da ogni singolo soggetto del branco. Nella scelta del sesso del cane, può avere una certa rilevanza anche agevolare la persona caratterialmente più debole della famiglia, scegliendo un cane di sesso compatibile.
Fra le considerazioni da fare per la scelta di un cane, non può certamente mancare quella riferibile alla grandezza e alla stazza. Gli animali estremamente piccoli ed esili, solitamente sotto gli otto chilogrammi di peso, tendono infatti ad essere molto insicuri se non lavorati da cuccioli. Scappano e abbaiano istericamente, soprattutto in casa, quando sentono rumori o entrano ospiti. Non di rado la loro isteria tende a farli diventare aggressivi, tanto con i membri del branco quanto con gli estranei e i bambini chiassosi/agitati.
Gli animali sopra i 30 – 35 chilogrammi sono impegnativi per la stazza, che ne rende più complicato il trasporto e il controllo con il guinzaglio. Nei casi di cani non correttamente guidati e quindi più litigiosi, la stazza può diventare un’ulteriore complicazione, soprattutto se il proprietario non è esperto o non riesce a tenerlo.
Per chi desidera semplicemente un cane da compagnia, un cane di media taglia può rappresentare un ottimo compromesso. Magari da riporto, da caccia o da guida alle greggi.
Si sta diffondendo, in Italia, la moda di acquistare cani che vengono sempre più esaltati nella stazza o nelle qualità, spesso difficili da controllare proprio perché selezionati dall’uomo per svolgere delle mansioni particolari. Nella realtà, non esistono i cani cattivi, il carattere del cane è in larga parte dipendente dalla guida offerta dal proprietario.
Non possiamo, però, negare che molte razze sono nate per fare delle attività specifiche, come ad esempio difendere, fare la guardia o combattere. È naturale quindi che, in questi animali, siano state esaltate proprio le qualità necessarie per praticare queste attività, rendendo, di fatto, più complessa la loro gestione proprio perché necessitano di una maggiore responsabilità e conoscenza specifica da parte del proprietario.
Se il proprietario è alle prime armi, anche dei cani particolarmente evoluti, come ad esempio il cane lupo cecoslovacco o l’akita inu, possono diventare un problema serio da gestire, alla pari delle razze particolarmente combattive come il pitbull, lo staffordshire bull terrier o il bull terrier, o di quelle particolarmente territoriali come il pastore maremmano, il pastore del caucaso, il corso o il rottweiler.
Troppo spesso, prescindendo da questa considerazione, si acquistano inconsapevolmente delle tipologie di cani proprio per compensare dei propri disagi o delle insicurezze. Una tendenza che spesso si manifesta nella scelta di cani sempre più grossi o combattivi o poco conosciuti o con il fascino del selvatico, dei veri e propri status symbol con il quale un proprietario tende a mascherare le proprie insicurezze, gridando preventivamente al mondo un messaggio di minaccia che recita: “se controllo questo tipo di cane sono un duro, state attenti”. Incroci e razze sempre più possenti, acquistate per difendere dei proprietari un po’ troppo insicuri, cani che, a loro volta, diventano alfa dei loro stessi proprietari, dando vita ad un rapporto squilibrato ed estremamente conflittuale.
È bene sapere che qualsiasi cane lasciato a dormire in giardino non farà mai una buona guardia. È come fare un bel sistema d’allarme ma mettere la centralina di controllo fuori dal cancello, alla portata dei malintenzionati. Il cane è messo a contatto con il malvivente che, riparato dalla nostra stessa recinzione, può operare mille strategie, spesso mortali, per metterlo fuori combattimento. Anche l’abbaio costante al minimo passare di qualsiasi cosa, tipico del cane che dorme in giardino, non viene più considerato come un segnale d’allarme attendibile.
Al contrario, un cane che dorme in casa si allerta e va in abbaio prima che l’intruso possa entrare e solo su rumori realmente sospetti, svegliandoci e mettendo in fuga tutti i malintenzionati. Anche mettere al tappeto il cane è più difficile, perché dentro casa è lui ad essere protetto dalla porta. Qualsiasi tentativo di entrarci a contatto o somministrargli sostanze nocive, deve comunque avvenire aprendo la porta, fattore che espone il ladro ad un livello di rischio troppo elevato e, nella maggior parte dei casi, non conveniente.
Possono essere fugati anche i dubbi sull’igiene del cane in casa. Benché il cane cammini in strada senza scarpe e dorma spesso in terra, non può realmente costituire un problema d’igiene per la casa o i bambini. Le malattie più pericolose per il cane non sono infatti trasmissibili all’uomo. Alcuni suoi parassiti interni o esterni possono invece interessare anche l’uomo, ma solo in situazioni estreme d’igiene e incuria del cane o degli ambienti. Potendo scegliere, il cane è sempre la vittima preferita per i suoi stessi parassiti. Qualsiasi possibile infestazione è comunque preventivamente scongiurabile e guaribile attraverso i necessari presidi antiparassitari per gli animali e farmacologici per l’uomo.
Inoltre, un cane che dorme in casa vicino al proprietario, libero o nel trasportino poco importa, avrà un rapporto d’aggregazione marcatamente più elevato rispetto al cane che vive in giardino. Quest’ultimo, infatti, sentendosi sostanzialmente estraniato dal branco e godendo solo di un rapporto intermittente, quando il proprietario decide di uscire in giardino, sarà sempre più proteso a comportarsi in maniera eccessiva e disequilibrata, patendo costantemente un rapporto incompleto. Il cane, al contrario, deve essere guidato e istruito con calma e progressività a vivere in casa con noi. Chiuderlo in giardino non deve rappresentare una soluzione attendibile per contenerne l’irruenza e i danni.