Alice

Galeotto fu un viaggio in barca. Arrivati a destinazione conobbi una famiglia, con un cane splendido: un weimaraner. Mai visto nulla del genere: un misto di eleganza e mistero, di agilità e mossette maldestre. E io, nata con una propensione naturale e una passione infinita per i cani mi sono detta ..dev’essere mio, nonostante avessi all’epoca già quattro bassotti. Una follia, tuonarono tutti in famiglia, ma io iniziai a leggere le pubblicazioni su questa particolarissima “razza”. Recensioni di allevatori che descrivevano un cane buono ed equilibrato, perfetto per grandi e bambini.

Allora mi decisi e andai in uno dei migliori allevamenti e adottai la mia Alice. Timidissima fin dal primo momento e inserita in un branco di bassotti, cresciuto con tanto amore ma, oggi posso affermare con certezza, con pochissime competenze.

La piccola cresceva ed era un problema dopo l’altro: quasi morbosa con me, sviluppava una diffidenza sempre più spiccata verso gli esseri umani. Come darle torto? Mi dissi in un primo momento, sottovalutando quello che di lì a poco sarebbe sfociato in un “dramma esistenziale”. Alice con le sue zampotte lunghissime, piena di amore per me, ringhiava a tutto il resto del mondo. I veterinari mi consigliarono la pettorina per evitare che mi tirasse a terra ma con quell’arnese il cane era ancora più ingestibile. Impossibile lasciarla a casa con i bassotti con i quali era sgarbata e a tratti aggressiva. Nonostante tutto pensavo: ho avuto cani per 40 anni senza alcun problema, sei pastori tedeschi, possono farcela anche stavolta. La situazione precipitò a settembre del 2014, Alice, come sempre al ristorante con me, aggrediva chiunque passava vicino al tavolo e morse una bellissima cameriera che voleva solo accarezzarla.

A quel punto mi vidi persa. Cosa fare con la mia piccola? Chiamai l’allevatore che mi disse: signora me la riporti, gliela cambio. Otto mesi di amore immenso per lui erano risolvibili come un cambio di scarpe.

Infuriata ne parlai con la mia veterinaria che mi esortò a rivolgermi quanto prima a un educatore, il migliore è Andrea Cristofori, disse.

Un salto nel buio per me che non sapevo neppure dell’esistenza dei campi di recupero comportamentale per cani.

Prendo faticosamente un appuntamento con Andrea, voce e atteggiamento ruvidi fin dal primo contatto telefonico. Mi sono detta: per la felicità del mio cane e mia sopporto qualunque cosa.

Era uno splendido sabato di settembre quando arrivai al campo. Le gambe un po’ tremanti (e se per Alice non si poteva far nulla?). Andrea mi accolse con grande gentilezza ma con aria di rimprovero… il solito avvocato con il cane di razza! Ma il suo unico obiettivo era la salute e la vita del bracco. Salì in macchina perché Alice non voleva saperne di scendere, dopo qualche minuto mi disse: “tranquilla ho già capito tutto”. Risolveremo!!!!!!!

Dopo quella prima e lunga lezione teorica gli dissi: non ho mai capito nulla di cani.

Mi sono affidata senza riserve alle sue grandissime capacità. Un genio, pensai, parla “canese”. Tutti gli animali nelle sue mani, anche i più problematici e aggressivi, sembravano agnellini. Fra lo sgomento, la speranza di fare una vita felice con la mia piccola, e l’imbarazzo di fronte a un ragazzo che senza filtri e convenevoli mi rimproverava ogni minuto, non mi permettava mai di alzare la testa dal cane, iniziai il mio percorso. “Non girarti neppure se ti chiamano” – mi diceva durante ogni lezione – il cane dev’essere il tuo unico e solo pensiero.

In meno di una settimana Alice non tirava più, potevamo uscire senza drammi. Si lasciava guidare in città con serenità come se nulla fosse.

E poi l’agility, il suo linguaggio. Un percorso fantastico che mi permette oggi di portare Alice e i bassotti con me in vacanza, in viaggi e riunioni di lavoro.

Insomma, grazie al campo, alla dedizione di Andrea e anche al mio grande impegno, oggi Alice è una perfetta compagna di vita con la quale trascorro con gioia ogni momento libero.

Alice non morde più nessuno, i bimbi, che più di tutti erano banditi da casa mia, ora la frequentano senza problemi. Ho imparato il “canese”, un’esperienza di vita che consiglio a chiunque ha un cane in famiglia.

E la ciliegina sulla torta Andrea l’ha messa a casa. Con qualche lezione è riuscito a trasformare il mio rumoroso branco (quattro bassotti e un weimaraner) in una famiglia di pelosetti allegra ma che lascia riposare i vicini. Ma non è ancora tutto. L’esperienza con Alice durante il primo anno di campo è stata così bella che ho deciso di iniziare a lavorare anche con i miei piccoli “salsiciotti”. Anche loro sono ora perfettamente gestibili in casa e per strada, con o senza guinzaglio.
In questo caso Andrea ci ha affidati, sempre con la sua supervisione, alla cura, alla dolcezza e alla pazienza di Roberto. Grazie a lui ora anche loro sono piccoli campioni di agility e di obbedienza. Nel caso di Guendalina, una delle mie bassottine, quella che più di tutte destava la mia preoccupazione in quanto epilettica, ci siamo accorti di un progressivo diradamento degli attacchi in coincidenza con l’attività sportiva che Guenda fa al campo. Momento di aggregazione, dunque, e di benessere.
L’epilogo di questa bella avventura? Appena ho un minutino scappo al campo: Andrea, Roberto, Sandro, Donatella, Daniele e tutti gli amici ora sono per me una famiglia!

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